Il campanile di Morino Vecchio sembra il pastore di cui ci racconta Ignazio Silone nel suo romanzo Fontamara, un pastore alla guardia di un gregge di pecore fuggito in una fredda mattina di gennaio del 1915. Morino Vecchio è un luogo della memoria, racconta le persone che lo hanno abitato e trasformato, appartiene alla storia di quella comunità che si è dovuta spostare più a valle per continuare a vivere.
Case, chiese, strade e piazze distrutte in pochi secondi. Quello che resta, con le sue mura diroccate e i mucchi di macerie, è un luogo-simbolo: del trascorrere rapido del tempo, della forza della Natura, della instabilità di quello che l’uomo costruisce.